La Corte di Cassazione, con sentenza del 20 maggio 2016 n. 10402, ha confermato la correttezza della sentenza di Corte di appello che aveva ritenuto responsabile delle lesioni subite da una donna morsa ad una mano da un cane, esclusivamente il padrone del cane, condannandolo al risarcimento dei danni (biologico permanente ed inabilità temporanea assoluta e parziale) quantificati in complessivi € 41.496,32, oltre interessi legali. Nel caso di specie la Corte di appello non ravvisava nel comportamento della donna alcuna colpa per aver tentato di accarezzare il cane, con ciò ritenendo che detta condotta non costituisse un fatto imprevedibile ed eccezionale e quindi non integrante il caso fortuito. La Suprema Corte motiva la sua decisione esponendo che la Corte di appello ha correttamente applicato il principio secondo il quale del danno cagionato da animale risponde ai sensi dell'art. 2052 cod. civ. il proprietario o chi se ne serve per il tempo in cui lo ha in uso, in quanto la responsabilità si fonda non su un comportamento o un'attività - commissiva o omissiva - di costoro, ma su una relazione (di proprietà o di uso, fondante la custodia e la sorveglianza) intercorrente tra i predetti e l'animale e poiché il limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore ("salvo che provi il caso fortuito") che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma alle modalità di causazione del danno, la rilevanza del fortuito deve essere apprezzata sotto il profilo causale, in quanto suscettibile di una valutazione che consenta di ricondurre ad un elemento esterno, anziché all'animale che ne è fonte immediata, il danno concretamente verificatosi. Ne consegue che il proprietario dell’animale, per liberarsi dalla responsabilità, dovrà provare non già di essere esente da colpa o di aver usato la comune diligenza e prudenza nella custodia del cane, bensì l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale. Pertanto, se la prova liberatoria richiesta dalla norma - che può anche consistere nel comportamento del danneggiato, ma per assurgere a fattore esterno idoneo a cagionare il danno deve avere i caratteri della imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità ovvero della condotta colposa, specifica o generica - non viene fornita, del danno risponde il proprietario dell'animale, essendo irrilevante che il comportamento dannoso di questo sia stato causato da suoi impulsi interni imprevedibili o inevitabili.