Non integra violazione del dovere di fedeltà, né tanto meno giusta causa di licenziamento, la condotta della lavoratrice che, ritenendosi ingiustamente destinataria di numerose contestazioni disciplinari, invia una lettera di denunzia ai suoi superiori, nella quale esercita un legittimo esercizio di critica.
I Giudici di primo grado - prima - e la Corte d’appello - poi - hanno escluso la giusta causa del licenziamento, ravvisando nella lettera, alla base della contestazione disciplinare della lavoratrice addetta alle mansioni di assicurazione della qualità, l'esercizio di un legittimo diritto di critica e negando la natura di atto di insubordinazione nel successivo episodio di aggressione verbale nei confronti di un superiore, pure oggetto di contestazione disciplinare.
A parere dei Giudici, in materia di legittimo esercizio del diritto di critica, il rispetto da parte del lavoratore dei limiti di continenza formale e sostanziale, la carenza di lesività della condotta del lavoratore sono circostanze inidonee a ledere definitivamente la fiducia alla base del rapporto di lavoro, così non integrando violazione del dovere di fedeltà posto dall'art. 2105 c.c., né tanto meno giusta causa di licenziamento.