La normativa giuslavoristica prevede che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possano essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e che possano essere installati solo previo accordo con le rappresentanze sindacali o previa autorizzazione dell'Ispettorato nazionale del lavoro. La normativa prevede, quindi, il divieto di installazione di strumenti per finalità diverse da quelle specificate ed in particolare il divieto di installazione ed utilizzo di strumenti volti al controllo del corretto adempimento della prestazione lavorativa.
Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha ritenuto irrilevante il fatto che non fossero state effettivamente messe in funzione delle telecamere di videosorveglianza a circuito chiuso con le quali fosse possibile controllare da remoto il comportamento dei lavoratori dipendenti; ciò in quanto si configura un “reato di pericolo”, diretto a prevenire possibili lesioni della riservatezza dei lavoratori, per l'integrazione del quale è sufficiente la mera installazione di apparecchiature idonee al controllo, indipendentemente dalla loro messa in funzione e dal loro effettivo utilizzo. Tale reato è sanzionato penalmente, in base al richiamo all'art. 38 Statuto dei Lavoratori effettuato dall'art. 171, D.Lgs. n. 196/2003 (c.d. "Codice privacy"), con l'ammenda da € 154,00 ad € 1.549,00 o con l'arresto da 15 giorni ad un anno.