In tema di reato di stalking, la Corte di Cassazione con sentenza n. 8362/2017 ha ribadito il principio per cui ove la condotta dello stalker sia fonte di continuo stato d'ansia e di timore per l'incolumità propria e dei familiari della vittima, non è essenziale, ai fini della configurabilità del reato, anche il mutamento delle abitudini di vita, costituendo la stato d’ansia e il mutamento delle abitudini di vita eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice. Orbene, per quanto qui di interesse, occorre evidenziare che le condotte reiterate, minacciose o moleste, devono cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, oppure un fondato timore per l'incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva, oppure l'alterazione delle abitudini di vita della persona offesa.
Il delitto prevede quindi eventi alternativi, la realizzazione di ciascuno dei quali è idonea ad integrarlo e l'evento deve essere il risultato della condotta persecutoria nel suo complesso, anche se può manifestarsi solo a seguito della consumazione dell'ennesimo atto persecutorio, in quanto dalla reiterazione degli atti deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, solo alla fine della sequenza, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dalla norma incriminatrice
Ai fini della configurazione del delitto non è, quindi, essenziale il mutamento delle abitudini di vita della persona offesa, essendo sufficiente che la condotta incriminata abbia indotto nella vittima uno stato di ansia e di timore per la propria incolumità.