Secondo il Tribunale di Roma il socio di minoranza ha diritto di impugnare la deliberazione assembleare anche qualora il suo voto non sia stato determinante ai fini della decisione. Ciò in ambito di vertenza conclusasi con sentenza di accertamento di nullità della deliberazione di modifica statutaria di una S.p.a. assunta in difetto di convocazione dei soci, ai sensi di cui all’articolo 2379 c.c.
I Giudici capitolini hanno affermato che "... l’art. 2379 c.c. – nel sanzionare la nullità delle deliberazioni assunte dall’assemblea in difetto di convocazione – tutela l’interesse di ciascun socio ad intervenire e, dunque, a prendere parte al processo di formazione delle volontà della società e, più in particolare, di influire su di esso: per tale ragione la deliberazione è nulla anche quando la convocazione sia stata omessa con riferimento ad un socio titolare di una partecipazione che non avrebbe comunque potuto influire sull’esito della votazione. Non si pone, dunque, un problema di prova di resistenza perché ciò che conta, ai fini della pronunzia di nullità, non è l’esito finale e la possibilità del socio escluso di influire sul voto medesimo, ma la possibilità del socio escluso di influire sulla discussione assembleare.” Conclude il Tribunale: “D’altra parte, a ragionare diversamente, nel caso di società in cui vi è un socio di maggioranza, non si vedrebbe neppure la ragione per la quale dovrebbero tenersi le assemblee".